Profili di preti: don Pietro Montali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri e fino al settembre 2018, poi, da don Stefano Rosati.o, eccezionalmente, tratti da Vita Nuova, come in questo caso.

DON PIETRO MONTALI
(21 maggio 1931 - 2 marzo 2020)
già parroco di Palanzano


È mancato don Montali, per 50 anni prete di Palanzano. DonPietroMontali

Fno al 2014, per cinquantun anni, don Pietro Montali è stato il prete di una delle piccole comunità della Valle dei Cavalieri, quel territorio della montagna matildica equamente distrubuito fra la provincia di Parma e quella di Reggio Emilia. Nel lontano ‘64 a don Pietro era toccato Palanzano; poi nel ‘71 Caneto, nel ‘75 Zibana e nel ‘91 Trevignano, man mano che venivano a mancare i titolari delle rispettive parrocchie. Lunedì scorso 2 marzo anche lui è tornato alla casa del Padre: aveva  88 anni.

Nato a Langhirano nel 1931 ed ordinato prete il 23 giugno del ‘57, don Pietro dopo un anno e mezzo come cappellano di Ognissanti in via Bixio e cinque anni fra la gente della Bassa di Palasone di Sissa era stato spedito in montagna. Nel luglio del 2007, in occasione dei suoi cinquant’anni da prete, Vita nuova aveva dedicato a don Pietro un articolo nel quale venivano intervistati anche gli altri tre presbiteri che insieme a lui erano ordinati da monsignor Evasio Colli: don Giuseppe Canetti, allora in servizio a Colorno; monsignor Eugenio Binini, allora vescovo di Massa, Carrara e Pontremoli; e don Franco Dioni.
In quell’articolo don Pietro aveva definito quei cinquant’anni da presbitero «un cammino che mi ha gratificato sempre di più, perchè ho cercato di cogliere sempre qualche briciola di divino e di offrirla agli altri quando ce n’era l’occasione». Ma non mancava anche un po’ di rammarico per «vedere il mondo intorno a me solo orientato verso l’umano, che non sa se il divino esista e quanto sia bello poterlo fare entrare nell’oggi, perchè si porta dentro quella pace che invece gli altri non possono provare». Gli dispiaceva, soprattutto, «vedere un mondo senza dialogo con i preti, con la fede, con il Signore».

A Palanzano era arrivato pochi giorni prima del Natale del ‘63, un po’ in anticipo, quasi per abituarsi a quell’ambiente, solo all’apparenza ostile, che sarebbe poi diventato casa sua per il mezzo secolo successivo. Don Pietro amava quella montagna e ne conosceva tutti i segreti. Era una gran fungaiolo e anche un discreto tartufaio, tanto che negli ultimi anni si era scelto come compagno di vita un Lagotto romagnolo – il cane da tartufo per antonomasia – ormai talmente abituato ai ritmi del proprio padrone che qualche minuto prima delle 18 cominciava ad abbaiare per ricordargli che doveva andare a dir Messa.

Poco prima di lasciare Palanzano, nel gennaio del 2014 aveva festeggiato insieme a tutta la comunità di fedeli di Palanzano i cinquant’anni da parroco con una Messa in suo onore copresieduta da don Matteo Visioli e padre Antonio Santini, che da lì a poco lo avrebbe sostituito. In quell’occasione i palanzanesi avevano voluto regalargli un’icona del buon Pastore, un regalo azzeccato per un uomo di Chiesa che per tanti anni era stato guida spirituale di generazioni e generazioni di palanzanesi. Mentre il vescovo Solmi volle esprimere a don Pietro tutta la sua gratitudine per il lavoro svolto a Palanzano con una lettera che venne letta alla fine della funzione. «Cinquant’anni da parroco – scriveva il vescovosono un gran dono di Dio. Per te e le persone delle parrocchie che in questi lunghi anni hai servito con zelo, questa ricorrenza consente di rendere grazie a Dio per il dono del sacerdozio e di proclamare il Magnificat per le grandi cose che il Signore ha fatto tramite il tuo ministero. La nostra Chiesa e il suo vescovo – così si chiude la lettera – ti ringraziano di questo secondo lavoro e augurano ogni bene per il tuo nuovo ministero che presto prenderà forma».

Luca Campana per Vita Nuova dell'8 marzo 2020

(Il pdf di questo profilo è scaricabile da qui)


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