Diocesi di Parma

Profili di preti: mons. Argo Cavazzini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. ARGO CAVAZZINI
24 maggio 1920 - 23 agosto 2006

MonsArgoCavazziniMa chi era mai questo don Argo? Per saperne qualcosa bisogna leggere intanto il curriculum qui sotto. Ma non basta: bisogna averlo conosciuto e frequentato. In lui c’era una convergenza armoniosa di fede, di signorilità del tratto, di fedeltà scrupolosa alla Chiesa e agli incarichi ricevuti e di preveggenza con i giovani, che lui ha riunito e seguito fondando il Cenacolo. Insomma: don Argo ci voleva proprio per la Chiesa di Parma!

- Nato a Malandriano il 24 maggio 1920
- Ordinato sacerdote il 19 marzo 1943
- Vicario Cooperatore in S. Sepolcro dal 1943 al 1944
- Economo Spirituale di S. Sepolcro dal 1944 al 1945
- Vice rettore del Seminario Maggiore dal 1945 al 1947
- Vice cancelliere Curia Vescovile dal 1947 al 1968
- Canonico della Basilica Cattedrale nel 1953
- Vice Assistente dioc. G.I.A.C. dal 1945 al 1947
- Assistente diocesano G.I.A.C. dal 1947 al 1967
- Insegnante in Seminario su Apostolato dei Laici dal 1947 al 1970
- Insegnante di Religione nell’Istituto Tecnico Industriale dal 1946 al 1949
- Insegnante di Religione nel Liceo Scientifico “Marconi” dal 1949 al 1954
- Vice delegato Vescovile dell’Azione Cattolica dal 1951 al 1967
- Canonico Penitenziere della Basilica Cattedrale dal 1953 al 1978
- Insegnante di Dottrina Sociale Cristiana in Seminario, dal 1956 al 1970
- Fondatore e responsabile del Cenacolo per la formazione cristiana dei giovani
- Cancelliere vescovile dal 1968 al 1997
- Nominato Protonotario Apostolico il 21 novembre 1997
- Deceduto a Villa S. Ilario il 23 agosto 2006.

Mons. Cavazzini ha avuto il “torto” di morire in età avanzata e di essere rimasto “nascosto” una decina d’anni in Villa S. Ilario. E così qualcuno forse se lo è dimenticato prima del tempo. Peccato! Ma lui in questi anni di nascondimento ha continuato ad essere presente ogni giorno alla Diocesi con la sua fede cristallina, con il suo interessamento appassionato alle vicende diocesane e con la sua sofferenza veramente dura e pesante, che ha saputo affrontare con una dignità straordinaria e offrire al Signore per tutti noi.

Mons. Cavazzini è stato insegnante di religione nelle scuole e apprezzato insegnante nel Seminario Maggiore cui era legatissimo: vi ha abitato per decine di anni, fino a quando è stato accolto in Villa S. Ilario. Ma soprattutto deve essere ricordato con riconoscenza come Cancelliere vescovile, come formatore di giovani e come Canonico della Cattedrale.
Ogni prete di Parma, nessuno escluso, ha avuto bisogno di mons. Cavazzini in Curia. E ha trovato sempre in lui un “gran signore”, un Cancelliere attento, discreto, puntuale nelle risposte e nelle richieste di chiarimento, fedele alle norme e alle indicazioni della Chiesa e dei Vescovi che si sono avvicendati a Parma e che lui ha servito con una dedizione assoluta. E tanto gentile, fine e delicato, anche quando non poteva dire di sì. Che cosa potevamo pretendere di più? Il suo è stato un compito per certi versi poco appariscente, ma preziosissimo per il buon funzionamento della Curia, con un occhio e con un cuore sempre attento alla dimensione pastorale dei problemi.

È stato Assistente dell’Azione Cattolica e ha fondato il Cenacolo, che era un folto gruppo di giovani, che lui ha formato in maniera solida e profonda, per preparali alle responsabilità del loro futuro nella vocazione religiosa, nella famiglia, nel mondo del sociale, della cultura e della politica. Con il Cenacolo mons. Cavazzini ha dato un grande contributo al ruolo specifico della Chiesa di Parma nei problemi della società. Era bello e commovente in questi anni assistere agli appuntamenti di questi ex-giovani, che si trovavano ogni tanto tutti insieme in Villa S. Ilario per recitare in cappella il Rosario con lui, intrattenerlo con il loro affetto riconoscente e per ricevere ancora una volta le sue direttive di vita cristiana, espresse con la sua voce ormai fioca, ma con i concetti sempre chiari.

E non bisogna sottovalutare la sua lunga esperienza di Canonico, con la presenza, non certo di facciata, in Cattedrale: sempre preciso nella partecipazione alla preghiera corale, esemplare nelle celebrazioni liturgiche e assiduo al ministero sacramentale della Riconciliazione.

Quando la sua bara è entrata in Cattedrale per le esequie al suono solenne e grave del bajòn, abbiamo avuto la sensazione che mons. Cavazzini si sia finalmente riappropriato, almeno per un’ora, della chiesa-madre, che era stata per tanti anni il suo “rifugio” preferito, secondo la parola del salmo 27: “Una sola cosa chiedo al Signore e questa desidero: abitare nella Casa del Signore tutti i giorni della mia vita”.

Nei suoi ultimi anni che io ho vissuto con lui a Villa S. Ilario, un particolare mi ha sempre fatto impressione: il canto nella sofferenza! La sua sofferenza era grande, ma alla Messa in cappella non rinunciava mai a cantare: forse il canto, come farmaco ed affermazione di fede, lo aiutava ad esorcizzare la sofferenza che lo tormentava. E quando dopo la Messa toccava a me spingere la sua carrozzina verso la sala di soggiorno e mi mettevo istintivamente ancora a cantare sottovoce il canto finale della Messa appena conclusa, lui cantava con me. Di solito era un canto alla Madonna.

Dopo le esequie in Cattedrale ho accompagnato la sua bara al Cimitero della Villetta, assieme all’amico mons. Sergio Sacchi. Ho fatto una esperienza interiore singolare, che mi ha rimescolato dentro tanti ricordi … di gioventù. Una volta tolto il coperchio dell’Arco dei Canonici sono comparse le altre bare sistemate nei ripiani. E allora sulle bare sono comparsi i nomi di tanti Canonici, che sono stati anche nostri insegnanti in Seminario e che hanno riempito con la loro presenza i solenni Pontificali dei tempi di mons. Colli. Con l’arrivo alla Villetta di mons. Argo Cavazzini si è aggiunto un altro confratello a questa “compagnia” così cara alla nostra memoria e al nostro cuore. Non per nulla, vicino all’ Arco dei Canonici, c’è l’Arco dei Vescovi e lì ci sono le spoglie mortali del Vescovo mons. Colli, il grande Celebrante.
Qui ci vorrebbe il nostro poeta Pezzani per immaginare un bel dialogo fra il Vescovo e questi sacerdoti, come lui ha saputo immaginare, nella nota poesia ambientata alla Villetta, il dialogo struggente tra padre Lino e i personaggi della sua vita di frate randagio per la povera gente.

Mons. Cavazzini è ora accanto al Vescovo che lo ha consacrato sacerdote e ai Canonici, e non solamente con il suo corpo mortale, perché è destinato a unirsi con loro alla liturgia celeste per cantare il suo amore al Signore a voce spiegata (finalmente!) e senza più le sofferenze della malattia.
“Hai mutato il mio lamento in danza, la mia veste in abito di gioia, perché io possa cantare senza posa. Signore, mio Dio, ti loderò per sempre” (dal salmo 29).

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)

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