Diocesi di Parma

Profili di preti: don Giuseppe Montali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIUSEPPE MONTALI
17 ottobre 1937 - 28 dicembre 2017

DonGiuseppeMontali

Lettera a don Giuseppe Montali (di don Domenico Magri)

Caro don Giuseppe, prete mite e buono, dal sorriso che parlava più della voce e anche senza voce, adesso che ti sei piamente addormentato nel bacio del tuo Signore, sto pensando alla meraviglia che sei stato per tutta la Chiesa di Parma e per noi che ti abbiamo conosciuto e frequentato.
Ma sei stato una meraviglia anche per il Signore, che ti ha fatto nascere in una famiglia ricca di fede e di figli: i 13 figli della tua mamma Maria e del tuo papà Pietro. Una famiglia di Castrignano che tentava di spremere dai campi il necessario per sfamare questa nidiata numerosa.
Alla sera c’era il rosario in famiglia, guidato e segnato dal tuo papà, che cercava di tenere a bada voi bambini irrequieti. Poi il seminario: con tanti figli era inevitabile che ci saltasse fuori un prete, mentre una figlia entrava nelle suore! E sei stato tu il destinato dal Signore.

Hai fatto i tuoi dodici anni di Seminario e una volta ordinato prete nel 1961, guarda caso, sei stato mandato proprio da me come cappellano nella parrocchia di Ognissanti-Santa Maria del Rosario. C’eri anche tu in quello storico pomeriggio del 30 settembre 1962 a fare la tua parte nel solenne rito della consacrazione della nuova chiesa, celebrato dal vescovo Colli.

Ma nel 1963, dopo appena due anni, sei stato spostato, quando ormai eri entrato nel cuore di tanta gente e tanti ragazzi: come si faceva a non rimanere incantati dal tuo volto fine, sorridente e accattivante?

I vescovi di turno, uno dopo l’altro, si sono accorti che eri sempre pronto a dire di sì. E allora tu non ti sei mai annoiato nella tua vita, segnata da una vera girandola di incarichi. Accettavi regolarmente e tenevi sempre la valigia in mano pronto per partire, con la costante della tua carità che alle volte ti veniva quasi rimproverata come esagerata. Prima sei stato vice rettore del Seminario maggiore accanto a mons. Triani, poi nel 1970 sei stato mandato a dissodare il terreno pastorale nel quartiere dove poi sarebbe sorta la parrocchia di San Paolo. E lì non avevi trovato di meglio, per iniziare, che riunire accanto a un fienile la comunità nascente. Come è sfrenata la fantasia di chi sente l’odore delle pecore!

Nel 1980 sei stato nominato co-parroco a Santa Maria della Pace con altri due confratelli e nel 1989 vice direttore diocesano della Caritas, dove non hai fatto fatica a mettere in pratica tutta la tua sensibilità evangelica verso i poveri. E nel 1991, da buon montanaro venuto da Castrignano, per una decina d’anni sei andato a fare il pastore buono e premuroso a Ranzano e dintorni. Alla fine, nel 2001, sei stato ritenuto il più adatto a sostenere il “mitico” don Pesci, ormai avanti negli anni, in una parrocchia grande e importante come Sorbolo.

A un certo punto è arrivato il sì più difficile, a motivo dell’ictus che il 26 dicembre 2012 ti ha paralizzato e tolto la parola. Allora sei tornato con me: il 17 maggio 2013 ci siamo ritrovati a Villa S. Ilario con gli altri presbiteri anziani. Sono stati alcuni anni sereni, con la celebrazione eucaristica quotidiana e con il pasto in comune che ci ha garantito lo spirito di convivialità. I tuoi e miei confratelli anziani di Villa S. Ilario hanno avvertito il colpo doloroso della tua partenza, ti abbracciano e ti sono anch’essi presenti in spirito accanto a te.
Ma ormai non potevi più parlare! Non potremo mai sapere quello che è passato per la tua mente in questi anni. E adesso ti sei portato i tuoi pensieri in paradiso! Per un singolare fenomeno riuscivi solo a cantare con noi durante la Messa: solo così potevo risentire il timbro della tua voce, della tua bella voce. Per il resto silenzio totale: solo cenni del capo e della mano sinistra. Ma bastava guardare il tuo sguardo per capire e imparare tante cose. E ci facevi tanta tenerezza!

Caro don Giuseppe, amico nei giorni lieti e meno lieti, quanta riconoscenza ti dobbiamo per quello che sei stato per noi! Quante volte dovremmo ripetere la parola “grazie”!
Ora finalmente hai ripreso la parola e puoi parlare ancora davanti al tuo Signore con la lingua sciolta, come e meglio di prima. E allora ti prego: parla, parla, non stancarti di parlare! Parla dei tuoi cari, quelli venuti come te dalla terra benedetta di Castrignano: ti hanno voluto bene e ti hanno seguito con amore fino all’ultimo respiro assieme al personale sanitario, alle suore, a persone amiche speciali; parla dei tuoi confratelli con i quali hai vissuto la reciprocità dell’amicizia e della collaborazione pastorale; parla dei tanti cristiani e amici che hai amato e ti hanno ricambiato; parla dei poveri che hai aiutato passando per esagerato. E parla anche di me: ci conto!
E noi ti ricorderemo, nostro caro don Giuseppe! Non faremo fatica a ricordarti, perché non riusciremo a dimenticarti.
Addio = AD-DEUM!

   tuo don Domenico Magri

 

Ricordo di don Giuseppe Montali (di Francesca Terenziani, a nome della comunità di Sorbolo)

Pensando a don Giuseppe, l’immagine che mi viene subito alla mente è quella del buon pastore.
Per 11 anni don Giuseppe è stato uno dei pastori della comunità di Sorbolo, e ognuna delle pecore a lui affidate ha sentito la sua voce e si è sentita chiamare per nome. Le pecore seguono la voce di chi le conosce, soprattutto se quella voce è dolce e gentile. E la voce di don Giuseppe era dolce e gentile con tutti. Non ricordo di averlo mai visto arrabbiato né di avergli mai sentito dire qualcosa di brusco.

Cosa dire poi di quel suo sorriso che aveva sempre sulle labbra? Non un sorriso di circostanza, ma un sorriso che gli nasceva dal profondo, che infatti non lo ha abbandonato nemmeno durante gli anni della sua malattia, nonostante la fatica e le sofferenze. Quel sorriso nasceva da una fede profonda, dalla certezza che la nostra vita è in mano a Dio, che ci ama sempre e comunque, dalla consapevolezza che anche chi è pastore è a sua volta una delle pecore del gregge di Dio, e Dio lo accompagnerà senza abbandonarlo mai.

La bontà di don Giuseppe si manifestava anche attraverso una grande generosità verso le persone bisognose, alle quali non riusciva a dire di no. Spesso si vuotava letteralmente le tasche per dare tutto quello che aveva. E non solo per le “pecore del recinto”, ma anche per quelle che venivano da più lontano, perché anche di quelle un buon pastore deve prendersi cura.

Mi vengono in mente poi quei momenti in cui sembrava ritornare ragazzino: ho ripercorso stamattina delle fotografie di alcuni anni fa che lo ritraggono a cavallo di un toro meccanico oppure travestito da indiano. Quando i ragazzi lo coinvolgevano in qualche scherzo o gioco, era sempre pronto a partecipare, mostrando un entusiasmo insospettabile.

L’ultima immagine che ho stampata nella mente è quella di don Giuseppe durante la messa a cui abbiamo partecipato, presso villa Sant’Ilario, in occasione del suo ultimo compleanno: nonostante la fatica, durante il momento della preghiera eucaristica, la sua mano si è alzata, come sostenuta da una forza invisibile, e il suo volto e tutto il suo corpo erano un concentrato di fede e di amore. Quell’immagine lì, tenera e potente, rimarrà indelebile.

Se il buon pastore è la porta per le pecore, perché trovino il pascolo, allora don Giuseppe è stato per noi quella porta. Tante persone della nostra comunità sono passate per quella porta attraverso di lui. E abbiamo la certezza che, ritornato presso la casa del Padre, continuerà ad intercedere per la nostra comunità e per tutte le altre comunità che ha incontrato durante il suo ministero.
Grati per avere avuto il privilegio di averlo come pastore, affidiamo don Giuseppe al Signore, perché lo accolga tra le sue braccia e lo consoli con la sua misericordia.

Chiesa di Langhirano, 30 dicembre 2017


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