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Mappa con orari Messe

Profili di preti: don Enore Carattini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ENORE CARATTINI
23 maggio 1915 – 24 ottobre 2007

Don Enore Carattini

Era un gran bel tipo! Spontaneo nelle sue espressioni e non facilmente classificabile.
Ma era pur sempre un prete che ha vissuto con dignità il suo sacerdozio.          

- nato a Noceto il 23 maggio 1915
- deceduto a Porporano in Villa S. Ilario il 24 ottobre 2007
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1941
- coadiutore a Fornovo dal 1941 al 1944
- coadiutore a Coltaro dal 1944 al 1945
- parroco a Ugozzolo dal 1945 al 2001 (per rinuncia)
- residente presso la Sorella a Parma in via Bandini,12 e poi in Villa S. Ilario

Don Carattini ha vissuto gli ultimi anni con me qui a Villa S. Ilario, ma già prima che venisse avevo motivi di grande simpatia e amicizia verso di lui.
Quando ero giovane parroco a Ognissanti, e allora non si poteva "binare" e tanto meno "trinare" nei gioni feriali, avevo spesso bisogno di celebranti aggiunti: bastava ci fosse un funerale o un matrimonio e allora chiamavo per la Messa d'orario alternativamente don Fernando Fragni, parroco di Pedrignano e don Enore, parroco di Ugozzolo.

Attraversavano la città in bicicletta (allora c'era anche poco traffico) e al loro arrivo c'era sempre la buona occasione di scambiare qualche parola.In particolare don Enore e io avevamo qualcosa in comune di cui parlare: eravamo stati ambedue cappellani a Fornovo, lui con don Zilioli e io con don Malpeli: episodi e situazioni ovviamente a confronto! Su una cosa i ricordi coincidevano totalmente: le tante ore in confessionale, soprattutto al martedì (giorno di mercato), al sabato pomeriggio e nei giorni di Pasqua e di Natale. Al sabato, ad es., si entrava in confessionale nel primissimo pomeriggio e si usciva solo nell'ora di cena.

Me lo sono ritrovato a Villa S. Ilario e il suo arrivo per me e per tutti noi è stato una festa. E festa è rimasta anche quando il suo umore, un pò variabile per l'età avanzata e gli acciacchi, lo rendeva qualche volta un po' nervoso. Si è fatto voler bene da tutti, perchè rimaneva sempre e comunque un prete simpatico per noi confratelli e anche per il Personale. Era un gran bel tipo!
Anche gli ultimi giorni e istanti della sua esistenza terrena sono stati contrassegnati dalla sua fede di prete: lo posso attestare, perchè l'ho assistito spiritualmente fino all'ultimo respiro.
Gli siamo tutti riconoscenti per la sua presenza e per quanto ci ha donato con la sua amicizia e ricchezza di sentimenti.
 

(tratto da ““I miei preti...i nostri pretiI”, I edizione, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese 2008)


Profili di preti: don Domenico Leporati

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON DOMENICO LEPORATI
6 giugno 1927 - 27 ottobre 2012

DonDomenicoLeporati

Don Domenico ha vissuto una vita sacerdotale ricca di svariate esperienze e ha sempre risposto alle attese, dovunque è stato chiamato a dare la sua testimonianza: parroco in montagna, parroco in pianura, insegnante di religione, collaboratore in curia, cappellano dell’ospedale psichiatrico di Colorno dove ha saputo imitare al meglio il mitico don Lambertini, amore e conoscenza della musica, una passione smisurata per la Parola di Dio, un conversatore sapido e sempre interessante... Al suo funerale piangevano anche i bambini, seduti sul pavimento intorno alla sua bara: che fiori più belli si potevano trovare per lui?

- nasce a Casola di Terenzo il 6 giugno 1927
- ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1952
- parroco a Grammatica dal 1952 al 1954
- parroco a Ballone dal 1954 al 1961
- parroco di S. Andrea a Mane dal 1961
- economo spirituale di S.Siro dal 1980
- cappellano Ospedale Psichiatrico di Colorno dal 1970 al 1999
- collaboratore Ufficio Curia dal 1987 al 1999
- amministratore parr. di Torrile dal 1998 al 2001
- deceduto il 27 ottobre 2012

Ricordo letto da don Sincero Mantelli alla Messa esequiale.
Chiesa di S.Andrea a Mane, 29 ottobre 2012

“Un grazie sostituisce fiori e discorsi”. Con queste parole lapidarie del suo breve testamento don Domenico ha voluto evitare, da uomo intelligente ed elegante qual era, la pompa inutile e piuttosto artificiale che viene talvolta a turbare la verità e la solennità della morte.
Da uomo vero e amante della verità ha desiderato solo una cosa, che mi ha ribadito con un filo di voce venerdì pomeriggio, mentre aspettavamo insieme che il Signore venisse a chiamarlo: “Se puoi – mi diceva – ringrazia tutti”.

Ringraziare è l’unica cosa che veramente è nella possibilità di noi uomini, che non abbiamo lo sguardo chiaro di Dio sulle cose e sulle persone, ma possiamo renderci conto dei doni che il Creatore e Signore di tutte le cose ci ha elargito.
Don Domenico era grato alla sua famiglia, ai suoi genitori, che ricordava spesso, mettendone in luce le virtù e gli insegnamenti, che gli avevano trasmesso. Era grato a sua nipote Maria Pia, che gli stava vicino con affetto particolare e agli altri parenti.

Avrebbe voluto sicuramente che io ringraziassi il Vescovo, che venerava con sguardo di fede e del quale conservava la candida riverenza del giorno in cui gli aveva promesso filiale obbedienza. Era grato dei confratelli sacerdoti, di cui parlava con stima e affetto e che considerava i suoi veri familiari nel legame dell’ordine sacro.
Ringraziava soprattutto il Signore per i suoi parrocchiani, i santandreotti e i sansirotti – come scherzosamente talora li chiamava -, per i quali aveva attenzioni di una tenerezza indicibile: li conosceva nel profondo e li sapeva condurre con il suo ascolto umile e la sua parola enigmatica, che portava a scrutare con più profondità la vita. Sapeva, infatti, stare fermo e guardarti negli occhi mentre parlavi, perché non era un prete a tempo determinato, ma disposto a sentire quanto già intuiva con i suoi occhi chiari e sorridenti.

Era grato non solo del presente ma anche del passato: ricordava aneddoti, volti, espressioni dei suoi compaesani di Casola, dei suoi primi parrocchiani di Grammatica e Ballone, degli ammalati dell’ospedale psichiatrico, che si portava dietro per Colorno come amici. Così lo ritrarrà per lunghi anni la pietra tombale sulla quale egli stesso ha voluto che si scrivesse: amico e sacerdote. Non perché considerasse la sua vocazione secondaria rispetto all’amicizia, ma perché sapeva che il Vangelo cresce e si trasmette attraverso relazioni autentiche e trasparenti: il suo lavoro assiduo, l’estrema povertà personale, l’ascolto prudente e la parola amica e sagace gli hanno permesso di farci amare il Signore e il suo Vangelo.

A Villa Sant’Ilario, struttura alla quale era grato per l’accoglienza che gli aveva offerto, molti si stupivano vedendo tante persone che andavano a trovare un vecchio parroco di due paesini scivolati fuori dal letto della Parma: il segreto di don Domenico consisteva nel fatto che la sua gratitudine a Dio per tutto ciò che gli aveva dato era diventata in lui gratuità e dono di se stesso fino alla fine.
Vielen Dank, don Domenico, und auf Wiedersehen im Himmel.(trad.: Tante grazie, don Domenico, e arrivederci in cielo)

Il mio ricordo di don Domenico Leporati
Don Domenico era nato nel 1927 a Casola di Terenzo, un paese di montagna sotto la strada nazionale della Cisa. Pur essendo un paese piccolo, è diviso in alcuni gruppi di case e incombe a ovest sul letto del torrente Baganza. Cisono nei dintorni i noti Salti del Diavolo, che danno una caratteristica inconfondibile al territorio.

Io vengo dalla sponda opposta del Baganza: eravamo quasi dirimpettai. Quante volte ci siamo attardati a tavola in Villa S. Ilario a parlare della vita nei nostri paesi ai tempi della nostra prima giovinezza, delle nostre montagne, dei personaggi di nostra comune conoscenza!
Mi raccontava pure la sua prima scelta vocazionale presso la Congregazione dei Padri Dehoniani assieme al compianto don Amedeo Cavatorta suo compaesano, poi il passaggio al nostro Seminario di Parma e i pericoli drammatici degli ultimi mesi di guerra quando aveva 17 anni, un'età ormai rischiosa a causa delle scorribande in montagna dei tedeschi.

Dalla famiglia modesta e laboriosa del nostro appennino don Domenico aveva ereditato come dote una straordinaria ricchezza umana e cristiana.
E aveva naturalmente una grande ricchezza sacerdotale: se l'era conquistata, con la risposta alla grazia di Dio, nella formazione del Seminario e nella esperienza di parroco. Infatti ogni parroco non solo dona, ma riceve dai suoi cristiani: si crea una specie di osmosi. Per questa osmosi a S. Andrea e a S. Siro c'è stato tempo: era lì dal 1961.
Era stato ordinato prete nel 1952: fino al 1961 era stato per alcuni mesi a Grammatica e poi a Ballone, dove tra le montagne del Cornigliese, montanaro lui stesso, aveva subito dato un saggio della sua tempra di giovane prete.

Ma non si è esaurita all'interno della cerchia parrocchiale la sua inarrestabile vitalità sacerdotale: per lungo tempo ha fatto servizio con un compito delicato in Curia dove arrivava puntuale ogni mattina; è stato per diversi anni cappellano dell'ospedale psichiatrico di Colorno come successore del "mitico" don Lambertini; è stato insegnante apprezzatissimo di Religione nel Conservatorio, conquistandosi tanta stima e tante amicizie nell'ambiente della scuola.
È arrivato a Villa S. Ilario alla fine dello scorso maggio. Faceva impressione la fila di parrocchiani che ogni giorno venivano a visitarlo: avevano bisogno quasi di "contemplarlo" e, naturalmente, ascoltarlo nel suo eloquio sapido ed illuminato.
Aveva tanti interessi: aveva una buona cultura generale perchè leggeva molto; sapeva musica; curava il canto con il suo coro parrocchiale; qui a Villa S. IIario accompagnava le nostre Messe con l'organo; aveva una conoscenza discreta di alcune lingue; parlava con un certo orgoglio e tanta nostalgia del suo orto-giardino, che lui curava con diligente competenza accanto alla sua Chiesa di S. Andrea.

Aveva soprattutto una passione smisurata per la Parola di Dio: in camera aveva sempre la Bibbia aperta sulla scrivania. E la sua "passione" biblica emergeva nelle sue brevi e succose omelie, quando presiedeva la liturgia in cappella. Al lunedì incominciava già a parlarmi del vangelo della domenica successiva!
Non solo ha saputo farsi amare dai suoi parrocchiani, ma anche dalle nostre suore, dagli operatori e operatrici di Villa S. llario, che hanno accolto con il pianto la notizia della sua morte. Nella nostra struttura per anziani gustava la compagnia di tutti (e non solo dei confratelli sacerdoti) e sapeva fare gustare la sua compagnia a tutti: voleva fare la sua parte anche spingendo qualche carrozzina quando occorreva. Troppo breve è stata la sua presenza fra noi: poco più che lo spazio di un sorriso!
Era un conversatore amabile e interessante, perchè lui era una persona amabile e interessante con la cultura e l'esperienza che aveva accumulato nella sua vita.
Aveva una capacità straordinaria di parlare ai ragazzi e di coinvolgerli nella Messa e nel catechismo.


Don Domenico era un “incantatore” di bambini
Questa è da raccontare, perchè è stata l'ultima "invenzione" della sua fantasia pastorale a S. Andrea, la domenica prima di essere ricoverato in ospedale, pochi giorni prima di morire. E' riuscito a spiegare in modo incisivo il brano evangelico sui ricchi che non possono entrare nel Regno di Dio, così come il cammello non può passare attraverso la cruna di un ago. A questo scopo ha portato in Chiesa un ago con un filo di refe e ha chiamato una ragazza che non è riuscita a infilare il refe, rendendo quindi ancora più efficace il paragone evangelico. È tornato raccontandomi l'episodio, evidentemente molto soddisfatto.

Si vedeva bene lontano un miglio che era contento di essere prete, si "divertiva" a indovinare tutti gli espedienti possibili per annunciare efficacemente la Parola di Dio, sapeva amare tutti e si sentiva felice di essere amato: amato da Dio e dai tanti fratelli che ha incontrato sulle strade della sua esistenza.
Che cosa poteva aspettarsi di più il Signore da un sacerdote così? E noi, che cosa potevamo aspettarci di più?
Noi auguriamo a don Domenico con la nostra preghiera che il passaggio dalla terra al cielo gli sia lieve e gioioso e... grazie!

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI”, di don Domenico Magri - Editrice LIKECUBE – 2014)


Profili di preti: mons. Bonfiglio Conti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. BONFIGLIO CONTI
 28 febbraio 1878 - 18 ottobre 1941

Mons. Bonifiglio Conti

Dal II volume de “La Diocesi di Parma” (1966-pagg. 788 e 789) di don Italo Dall’Aglio, nelle pagine riguardanti la parrocchia di Ramiano di Calestano, ho ripreso pari pari questa rievocazione di mons. Bonfiglio Conti, grande presbitero della Chiesa di Parma che ha fatto cose incredibili. Ma come sarà riuscito a fare tanto?! Non si può capire la storia della prima metà del secolo scorso della nostra Diocesi, se non si conosce la storia di questo prete forte e indomabile nei suoi progetti da portare a compimento. Veniva da Ramiano, un paese povero, abitato da contadini che cercavano con fatica di spremere sostentamento da una terra montagnosa alle falde del monte Sporno, un paese bello da intravedere dalla strada provinciale per Calestano e piccolo piccolo: ne è uscito un gigante!

- nato a Ramiano di Calestano 28 febbraio 1878
- fu arciprete in Soragna dal 1918 al 1941
- fu inoltre rettore del Seminario urbano di via Solferino
- deceduto a Soragna 18 ottobre 1941

 ECCO LA RIEVOCAZIONE SCRITTA DA DON ITALO DALL’AGLIO

Va ricordato mons. canonico don Bonfiglio Conti, deceduto arciprete di Soragna il 18 ottobre 1941.
Figlio illustre di Ramiano di Calestano, ricoperse alte cariche nella Diocesi di Parma, svolte sempre con dinamica attività. Fu parroco di Diolo dove costruì la mirabile chiesa parrocchiale con le guglie arieggianti quelle del Duomo di Milano; fu arciprete di Soragna dal 1918 al 1941 ove restaurò la chiesa parrocchiale, arricchendola di mirabili opere, divenuta Santuario diocesano della Sacra Famiglia; fu contemporaneamente anche rettore del Seminario urbano e durante il suo rettorato fu costruito il Seminario minore in viale Solferino; come assistente della congregazione delle Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria fece innalzare il grande edificio detto noviziato, in via Po, ora divenuta anche Casa di cura delle Piccole Figlie, e la Casa famiglia nei pressi della chiesa del Quartiere.

L’imponente mole della Casa di cura Piccole Figlie
Mons. Conti è considerato il confondatore di questa congregazione, tanto benemerita nel campo educativo e della assistenza alla gioventù non solo in Diocesi di Parma ma anche in Italia e fuori Italia. È ancora ricordato il Congresso eucaristico di Parma e quello di Soragna che ebbero in lui il più geniale organizzatore. Mons. Conti insieme al parroco don Lamberto Torricelli fu il fondatore del giornale parrocchiale “La voce del Pastore”.
Nell’atrio della Casa del noviziato in via Po, è stata eretta una lapide marmorea alla memoria di questo degnissimo sacerdore, con la seguente epigrafe:

In questa Casa, che è il monumento della fede e del santo ardore di Mons. Bonfiglio Conti, le Piccole Figlie dei SS. Cuori di Gesà e di Maria, con memore imperitura riconoscenza, eternando il nome di Lui che la mente geniale, la volontà fattiva e il cuore generoso dedicò per tre lustri alla congregazione.
Ramiano 28-2-1878 Soragna 18-10-1941


A proposito della Chiesa di Diolo da lui costruita


Sempre don Italo Dall’Aglio nello stesso volume e nella pagina 444 della parrocchia di Diolo, parla così della costruzione della chiesa da parte di don Conti:
La parrochia di Diolo ricevette grande impulso quando nel 1903 fu eletto arciprete il novello sacerdote don Bonfiglio Conti, il quale ideò subito di erigere una nuova chiesa in posizione più comoda. Iniziò la nuova costruzione nel 1914 e dopo tre anni potè offrire alla Diocesi una chiesa a tre navate, imponente, arieggiante il Duomo di Milano, in stile gotico, con le sue guglie; con la differenza, dato il periodo bellico, inveve di marmo fu costruita in cemento. Durante l’arcipretura di don Giovanni Guerci (1919-1962), la chiesa si arricchì di un grandioso altare in marmo, pure in stile gotica, ed anche delle vetrate a colori”.

(tratto da “La Diocesi di Parma” , II volume, di don Italo Dall’Aglio 1966)


Profili di preti: don Erminio Lambertini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERMINIO LAMBERTINI
26 giugno 1911- 8 ottobre 1970

DonErminioLambertini

"al prét di capanòn"
Presento don Lambertini visto solo dalla parte di Ognissanti-S. Maria del Rosario, perchè non ho conoscenze adeguate sulla sua storia tutta particolare, con tanti risvolti umani e pastorali. D’altra parte l’essere stato parroco della comunità parrocchiale di Ognissanti-S.Maria del Rosario mi ha fatto capire qualcosa di importante e significativo su don Lambertini: Ognissanti-S.Maria del Rosario è stata la comunità che ha”ereditato” gli amici di don Lambertini i “Capanòn” venuti dalla Navetta e dal Cornocchio. Una bella storia da raccontare!
 

-Nato a Carignano il 26 giugno 1911
-Ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1934
-Cappellano a Sala Baganza nel 1934
-Adetto ai "Capannoni" del Cornocchio e della Navetta nel 1940
-Parroco al S. Spirito in Santa Teresa nel 1940
-Cappellano dell'Ospedale Psichiatrico di Colorno nel 1959
-Deceduto a Colorno il giorno 8 ottobre 1970

 

Un interessante numero unico su don Erminio Lambertini, appena uscito in occasione del centesimo anniversario della sua nascita, mi suggerisce alcuni ricordi che lo legano, direttamente o indirettamente, alla Parrocchia di Ognissanti-Santa Maria del Rosario.

Don Lambertini era parroco di S. Teresa in Borgo Tanzi, dove poi è stato costruito l'edificio dell'Anagrafe comunale, e si era salvato per miracolo nel bombardamento che aveva distrutto la sua Chiesa il 25 aprile 1944.

Ebbene, la nuova Chiesa di S. Maria del Rosario in Via Isola è stata costruita (1959-1961) con i contributi avuti con la legge sui danni di guerra per la Chiesa di S. Teresa: così doveva chiamarsi la nuova Chiesa. Infatti, per l'approvazione e il finanziamento del Ministero competente, il progetto dell'architetto Luigi Sassi era intestato a S.Teresa. E' stato poi chiesto e ottenuto di chiamarla S. Maria del Rosario.

Poco dopo il mio arrivo come parroco di Ognissanti (1958) quando la Chiesa nuova non era ancora stata costruita, sono arrivate dalla Navetta e dal Cornocchio le famiglie che hanno riempito i due nuovi edifici popolari di Via Colla e Via Taro nel quartiere Baganza. Una parte di queste famiglie era stata letteralmente sradicata, durante il regime fascista, dal vecchio e "mitico" Borgo Carra (ora Via Gorizia e dintorni), classico "territorio" di Ognissanti, ed ora le stesse famiglie ritornavano ad abitare nella stessa Parrocchia, seppure più distanti dalla Chiesa. Una volta abbandonate forzatamente in Borgo Carra le vecchie case fatiscenti, ma a loro tanto care, queste famiglie lasciavano una preziosa eredità spirituale alla Parrocchia di Ognissanti: la piccola "Madonna di Borgo Carra" tolta dal muro di una casa in demolizione e ora custodita e onorata devotamente nella Chiesa.

Erano tante le famiglie che venivano dai capannoni della Navetta e del Cornocchio dove erano state sistemate a suo tempo. I capannoni erano abitazioni da considerare poco più che baracche, e così anche alle persone che vi abitavano era stato "appioppato" il titolo poco elegante e alquanto dispregiativo di "capannoni".

Si trattava di famiglie povere, arrivate in Via Taro e in Via Colla con tanti problemi connessi: si sono aggiunte alle famiglie con le stesse caratteristiche, che da sempre riempivano il cosidetto Palazzone in Via Baganza n.1.

Come comunità cristiana ci siamo attivati subito per aiutare queste nuove famiglie, che avevano ben presto imparato l'indirizzo della Parrocchia per chiedere assistenza. Naturalmente nello stesso tempo abbiamo pensato alla loro cura pastorale, oltre alla cura pastorale delle altre famiglie dello stesso quartiere. Abbiamo subito preso in affitto per il catechismo e la Messa festiva un garage, piccolo piccolo. Ma Gesù Eucaristia vi si trovava certamente a suo agio! Poi siamo traslocati in un seminterrato più spazioso. E' venuto a celebrare anche il vescovo mons. Colli: dopo la Messa, superando una certa apprensione per il tipo di ambiente umano da affrontare, aveva camminato sotto le finestre del palazzo di via Colla e si era visibilmente commosso per le voci esultanti e quasi gridate di accoglienza delle persone, stupite di vedere il vescovo tutto vestito di rosso venuto lì apposta per loro: un evento forse mai successo quando per anni abitavano alla Navetta e al Cornocchio!

Per il catechismo e soprattutto per la Messa della domenica c'era il prezioso servizio di accompagnamento dei ragazzi, garantito dagli studenti della FUCI. (Grazie, carissimi amici di quei giorni lieti: eravate così giovani e disponibili a "perdere" la vostra domenica mattina per i ragazzi, forse un po' troppo vivaci, ma inguaribilmente simpatici. Non vi dimentico e ho ancora qualche nome preciso dentro il mio cuore).

Nel frattempo era stata costruita la Chiesa di S. Maria del Rosario in Via Isola e accanto alla antica e gloriosa Conferenza di S. Vincenzo era nata la Caritas con l'entusiasmo delle cose nuove. Ci eravamo organizzati per aiutare queste famiglie del quartiere Baganza che, oltre ad essere visitate a domicilio quando occorreva, avevano un appuntamento fisso con noi ogni martedì in via Isola. C'era la fila, e a coordinare tutta l'assistenza c'era una signora meravigliosa, ora avanti negli anni, ma sempre in perfetta forma: Laila Ferretti Castagnoli. E' un nome da tenere presente: non sarà mai ricordata e ammirata abbastanza per quello che ha fatto con la sua fede e il suo amore ai bisognosi.

A proposito del quartiere Baganza, non posso non citare l'impegno profuso dai cappellani di Ognissanti del tempo: don Luigi Maggiali, don James Schianchi, don Giuseppe Montali e soprattutto don Sergio Sacchi, che è stato il pioniere pastorale e della carità evangelica fra la gente trasferita lì dal Cornocchio e dalla Navetta. Si può ben dire che don Sergio è stato il vero successore di don Lambertini nel quartiere Baganza!

E don Lambertini ha avuto almeno un contatto diretto con Ognissanti-S.Maria del Rosario? Sì, certo. Nel 1961 abbiamo pensato di tenere una Missione popolare nel quartiere Baganza: e a chi ci siamo rivolti? Naturalmente a don Lambertini, che aveva seguito per decenni con un amore indescrivibile la gente dei capannoni della Navetta e del Cornocchio. Per lui è stato come un ritorno a casa. La Missione è riuscita bene sul piano strettamente religioso, ma anche e soprattutto sul piano dei valori cristiani e umani, che lui ha saputo presentare con efficacia, con un linguaggio già collaudato per questi suoi amici di vecchia data. Questo prete povero, umile, schietto e dal cuore grande come il mare, che parlava in maniera accorata e ricca di sentimenti, ha saputo far vibrare e commuovere il cuore dei suoi amati "ex-capannoni". E per lui è stato un trionfo!

PS. Nel 1968 il vescovo mons. Pasini ha eretto canonicamente la nuova parrocchia di S. Pellegrino, comprendente il quartiere Baganza e a sud il confinante quartiere Farnese, affidandola al compianto don Giuseppe Tanzi, con il compito di costruire la Chiesa. Ma qui incomincia un'altra storia: anche questa una storia meravigliosa! 

(tratto da “Vescovipretisuoreamici”, di don Domenico Magri - Editrice Likecube - 2012)