La Chiesa di Sorbolo, "uno scrigno di valori storici e artistici"


Mario Clivio definiva la chiesa di Sorbolo “uno scrigno di valori storici e artistici”. Questi tesori percorrono l’arco di due millenni, a partire dall’epoca di Cristo fino ad oggi.

Dell’epoca di Cristo e degli Apostoli sono infatti il cippo romano di Caio Metello e i mattoni romani della cripta. Risalgono ai secoli VII-VIII le quattro tombe di epoca gotica o longobarda custodite sotto l’abside.

Occorre non dimenticare che la chiesa di Sorbolo era, nell’XI secolo, una pieve romanica a tre navate, di cui si conservano i resti dell’abside e dei muri perimetrali, scoperti dopo il terremoto del 1971.

È invece del XVI secolo l’armadio in noce, di raffinata fattura, proveniente dalla Certosa di San Martino, recentemente restaurato e utilizzato nella sacrestia.

La torre campanaria, anch’essa restaurata di recente, appartiene al secolo XVII.

Dei secoli XVII-XVIII sono dieci tele con cornice, di notevole pregio, fra cui emerge la pala dei SS. Faustino e Giovita del Peroni, così come i misteri del Rosario in tavolette incorniciate in oro.
Le tele comprendono: al primo altare di destra, Santo con bimbi, S. Antonio Abate e la Visitazione (prima metà del '600); al secondo altare di destra, S. Antonio da Padova (prima metà del '600); al terzo altare di destra, i Misteri del Rosario alla maniera di Paolo Ferrari (seconda metà del '700); al primo altare di sinistra, Madonna col Bimbo e i SS. Domenico, Carlo, Lucia ed altri (prima metà del '600); al secondo altare di sinistra, Assunzione, di scuola emiliana (prima metà del '600) vicina ad Alessandro Tiarini; al terzo altare di sinistra, Madonna col Bimbo e S. Giuseppe, Santo Vescovo, SS. Francesco e Domenico (seconda metà del '600); sulla facciata interna inoltre: Battesimo di Cristo e Madonna che appare a S. Luigi Gonzaga (sulla sinistra di chi guarda); S. Tommaso D'Aquino e Madonna con Santa Caterina d'Alessandria (sulla destra di chi guarda).

Del 1836 è poi l’organo a canne del Cavalletti, che è da poco stato restaurato dalla ditta Patella di Padova per iniziativa di Luciana Landini in memoria dello sposo Amilcare Battioni.

Dell’Ottocento (1833-1850 circa) è anche l’insieme armonico di stucchi di Matteo Rusca, di notevole pregio, comprendente sette ancone (i sei altari laterali - uguali a coppie - e quello maggiore), le balaustre di organo e cantoria (con trofei musicali nei pannelli) e il pulpito.

Agli anni 1920-1930 risale la decorazione dell’abside, ad opera del Barbieri.

Le ultime opere acquisite (a partire dal 1980) sono, infine, il Cristo Benedicente del Tessoni, su lastra di rame, posto al di sopra dell'ingresso della chiesa [da qualche tempo la lastra è stata rimossa per problemi di conservazione]; la zona presbiteriale in noce, disegnata da Celestina Saccani e realizzata da Guglielmo Ronchini, con tabernacolo racchiuso in artistico baldacchino del ‘700, arricchita di 4 statue lignee, donate, eseguite ad Ortisei [tutta la zona presbiterale è stata modificata con la ristrutturazione del 2022 e deve ancora essere concluso il nuovo assetto]; il concerto di cinque campane, della ditta Capanni; le statue della Beata Vergine e di Padre Pio di Battista Morello, a fianco della Chiesa; il Cristo crocifisso in ghisa della ditta Fondar (AN), dono dei coniugi Battioni-Landini; ventuno vetrate artistiche che illustrano la storia della Salvezza.

Tutti questi tesori della nostra chiesa ci testimoniano una fede lunga due millenni, ancora oggi viva e vivida nella nostra comunità, grazie alla quale le opere di carità si alimentano e si moltiplicano. Nella preghiera e nel silenzio.


Scarica l'articolo della Gazzetta di Parma dello 02/04/2011